Tra Renato e i napoletani c’è stato un lungo abbraccio per questo ritorno a Napoli, dopo 25 anni di assenza. Dopo anni in cui i fan lo hanno raggiunto a Roma o Eboli, finalmente l’hanno ospitato a casa. Renato è riuscito a esibirsi in piazza del Plebiscito, per due sere (quella del 21 giugno sol out in poche ore di prevendita) offrendo uno spaccato del suo repertorio, tanti successi e alcune nuove proposte tratte dal disco che ha dato nome al tour “Autoritratto”. Ma l’artista non si è solo raccontato, attraverso la musica ha anche duettato con artisti napoletani e ha offerto un finale a sorpresa che, se c’era ancora un napoletano da aggregare ai suoi sorcini, è riuscito a contagiarlo.
Il palco di fronte al Palazzo Reale, poco dopo le 21 ha acceso le sue luci per spegnerle poco prima dell’una. Una gran festa della musica, della buona musica.
Partono le note e come non riconoscere “La favola mia", brano nato per i primi tour del cantautore romano, poi inciso nel 1978. Un bellissimo ritratto di Renato nato dalla penna di Franca Evangelisti, una delle paroliere che meglio sono entrate nell’anima dell’artista, in punta di piedi, a saccheggiarne tutta la poesia. Poi una dopo l’altra le canzoni che hanno accompagnato la vita di almeno tre generazioni, momenti di grande intensità.
L’entusiasmo della piazza (che, forse, senza il caldo di questi giorni avrebbe manifestato ancora di più la sua gioia) è letteralmente esploso in un’ovazione a metà del primo tempo dello spettacolo. Cori e applausi ininterrotti che hanno impedito per alcuni minuti all’interprete di continuare lo spettacolo. Tutti in piedi ad applaudire il suo talento, la sua inconfondibile voce e la sua generosità (ha sfidato il caldo umido, spendendo sul palco senza riserve le proprie energie).
Dovrebbe essere abituato a queste acclamazioni e invece, ogni volta, Renato Zero si emoziona. Lo rivela il primo piano trasmesso dagli schermi ai lati del palcoscenico. Sorridente scruta la piazza, dalla platea agli spalti. Sembra voler assorbire tutto l’affetto e la stima che c’è in quell’applauso. E poi dice: “Sono sinceramente felice di essere qui! Sappiate che vi porterò ovunque io vada voi e Napoli. Sarete sempre nel mio cuore in tutti i momenti della mia vita”.
Chi ancora si stupisce del legame dell'artista con il pubblico, in serate come queste deve solo osservare e lasciarsi contagiare. Renato Zero potrebbe cantare anche senza le suggestive scenografie messe a punto con i suoi collaboratori. L’effetto sarebbe lo stesso. E invece no. Come sa dar risalto agli artisti che chiama sul palco ad esibirsi con lui, così fa con ogni suo collaboratore. La musica – come ha spiegato presentato ogni elemento dell’orchestra e suoi coristi - diventa intesa, complicità, amicizia.
Per queste due sere del tour estivo ha riscritto in napoletano “Il carrozzone”, la canta con gli artisti che nelle due sere si alternano sul palco (Gragnaniello, Sal Da Vinci, Lina Sastri, Peppino di Capri, Angela Luce, Peppe Barra). Tra i brani, l’immancabile “Amico” è dedicata a tutti gli artisti napoletani che non ci sono più. I loro nomi appaiono, l’uno dietro l’altro. In primis c’è quello di Pino Daniele.
E ci sono le canzoni dedicate al suo pubblico, fra cui “Quel bellissimo niente” che ricorda i suoi inizi e l’affetto dei fan (“ci sei stata da sempre mia bellissima gente”).
Ma non è finita. Ecco “Il cielo”, brano composto alla chitarra quando aveva sedici anni. Una canzone che va oltre i limiti del tempo. Renato ha riproposto quel parlato scandito con lui anche dai fedelissimi («Ma che uomo sei/ Se non prendi un barattolo di vernice insieme a me/e ricominciamo a dipingere questo mondo, grigio/questo mondo, così, così stanco/dell'amore che vuoi, dell'amicizia che rincorri da sempre!/Dipingiamolo di noi, di noi zerofolli, di noi zeromatti/ A noi che basta un sorriso, una stretta di mano/ e a me che basta dirvi...vi amo!») e chiude con un altro imprevedibile omaggio: apre il mantello bianco che ha sulle spalle, si volta e mostra la serigrafia della basilica di San Francesco di Paola e tutto il porticato della piazza che vi è impresso. I fuochi pirotecnici non fanno che accendere di magia la piazza. E si torna tutti bambini pieni di stupore con il naso all’insù, mentre l’artista si allontana dietro le quinte.
Non priverà il suo pubblico della canzone diventata la dedica reciproca di un rapporto ultra cinquantennale: “I migliori anni della nostra vita”.
Ma non è ancora finita. Anche se ormai può concedersi di guadagnare anche lui l’uscita, la sua voce accompagna il defluire ordinato del pubblico.
A nessun concerto s’è vista la gente defluire verso le uscite, cantando il brano che accompagnava i titoli di coda del concerto ( per le due tappe napoletane “Tu si’ ‘na cosa grande”, brano di Modugno che Renato Zero propose e incise già nel 2000, nell’album “Tutti gli zeri del mondo”). Cantavano proprio tutti. Magia di una serata che si spera possa presto ripetersi.
A piazza del Plebiscito, come al tempo dei Festivalbar, ma finalmente con uno spettacolo dei suoi, completo, studiato nel dettaglio. Non è nuovo Renato, come ha scritto qualcuno, ai duetti. Forse è stato uno dei primi ad aprire ai colleghi il suo palco.
Un grazie particolare a un artista davvero unico, nonostante tanti nuovo cantanti lo scimmiottino.
E oggi pomeriggio al Foqus un talk con il giornalista Federico Vacalebre e il dono delle nuova maglie ai bambini della.squadra calcistica dei Quartieri spagnoli.
Renato torna presto e, come si dice (e canta) a Napoli “Sta casa aspetta a te”. Il pubblico ti ha dimostrato quanto gli sei caro.
Stefania De Bonis