Un anno fa crollò ogni speranza. Il corpo di Giulia Cecchettin, la ragazza generosa e solare uccisa dal suo ex l'11 novembre, fu ritrovato. Non ripercorro i dettagli, ne parlano in troppi. Questa vicenda avrebbe dovuto spingere anche noi giornalisti ad adottare una maggiore sensibilità. E' giusto stare con il fiato sul collo di chi indaga, cercare notizie, ma poi bisogna imparare a scegliere che cosa pubblica e che cosa mandare in onda. C'è un modo che si inchina alla violenza, ne viene subito attirato e noi non dobbiamo offrire racconti a cui si può ispirare una mente alterata. Non bisogno indugiare sui gesti efferati. Che cambia? Le parole contano. Cambiare uno stile di scrittura è importante quanto l'educazione nelle scuole. Non è tacere. No. E' come si scrive. é come si parla.
Ecco che cosa ha ottenuto chi sperava di averla tutta per sé. Ora Giulia è di tutti.
Ho letto il libro di Gino Cecchettin, un viaggio nel suo dolore e nella speranza di ritrovare Giulia nell'impegno che ha spinto lui, la figlia Elena e il figlio Davide a creare la Fondazione Giulia Cecchettin (qui il link a cui collegarsi) per fare quello che avremmo dovuto fare da decenni.
Oggi 18 novembre a un anno da quel dolore, la fondazione intitolata a Giulia è stata presentata ufficialmente, alla Camera dei deputati (vedi qui). Nasce per fare innanzitutto formazione contro la violenza di genere, sostenere le vittime e andare nelle scuole.
Stefania De Bonis