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sabato 12 marzo 2022

La guerra è inutile e sciocca. Inaccettabile, aggiungo io

In queste ore, mentre leggo i quotidiani e guardo la tv, mi torna in mente uno dei libri che quando avevo 15 anni mi proiettò in un clima che per anagrafe non avevo mai vissuto se non nei racconti dei nonni, "Niente e così sia" di Oriana Fallaci. L'avevo letto prima ancora di approfondire i temi della shoah e ne ero rimasta colpita, molto. Il libro è frutto dei suoi reportages dal Vietnam in cui fu inviata come cronista di guerra. 

Quel conflitto dell'America contro il Vietnam si svolse fra il 1964 e il 1975, anni in cui le pagine dei quotidiani e dei periodici, i notiziari televisivi e radiofonici davano risalto agli esperimenti spaziali o, come cita la scrittrice, al primo trapianto del cuore fatto dal cardiochirurgo Christian Barnard. Un passo di questo libro applicabile anche a quello che succede oggi nel mondo. Perché ogni guerra è assurda. Ancora il mondo non ha imparato niente. Non ha capito.

"Io sono qui per capire gli uomini, cosa pensa e cosa e cosa cerca un uomo che ammazza un altro uomo  che a sua volta lo ammazza. Sono qui per provare qualcosa a cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre. Sono qui per spiegare quanto è ipocrita il mondo quando si esalta per un chirurgo che sostituisce un cuore con un altro cuore; e poi accetta che migliaia di creature giovani, col cuore a posto, vadano a morire come vacche al macello per la bandiera..." (Oriana Fallaci, Niente e così Sia, Rizzoli 1969 p.15)



giovedì 31 dicembre 2020

Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno

Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.
E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.
Nessun travestitismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. (...) 

Antonio Gramsci (L'Avanti, 1 Gennaio 1916 rubrica "Sotto la mole" dell'edizione torinese).