sabato 9 aprile 2022

Don Camillo e Peppone . Il film compie 70 anni

Chi non ricorda con affetto e un pizzico di nostalgia Don Camillo e il sindaco Giuseppe Bottazzi (detto Peppone)? 
Un parroco di campagna sopra le righe e un comunista d'altri tempi. Nati nel dicembre del 1946 dalla fantasia di Giovannino Guareschi, che stava scrivendo un racconto destinato ad un settimanale di cui Guareschi era collaboratore, "Oggi", diventano improvvisamente dei...tappabuchi. Nel giornale che Guareschi dirigeva, "Candido", un giorno ci fu, però, quello che in gergo definiamo "un buco in pagina": mancava un articolo. Il giornalista non si perse d'animo, prese il suo racconto satirico dal titolo "Don Camillo. Peccato confessato" e lo impaginò.
Il racconto piacque tanto da divenire uno degli appuntamenti più amati della rubrica  Mondo Piccolo: ne sarebbero stati pubblica due al mese fino al dicembre 1947. Nel 1948 i vari episodi furono pubblicati in un romanzo.
Giovanni Guareschi

Dal giornale al cine e alla tv. Nella primavera del 1952 i due personaggi, prendono vita in una serie cinematografica interpretata dall'attore francese Fernandel (nel panni del parroco) e da Gino Cervi (il sindaco Peppone). C'è però un antefatto l'attore Gino Cervi era stato ingaggiato per interpretare don Camillo, poiché Giovannino Guareschi avrebbe voluto essere l'interprete di Peppone. Il regista dei primi due episodi, il francese  Julien Duvivier,  scelse però un'ambientazione diversa dalla bassa parmense (terra di Guareschi) e optò per l'attore francese Fernand-Joseph-Désiré Contandin (Fernandel). Alla fine l'alchimia artistica fra i due protagonisti firmò anche il successo sul grande e successivamente sul piccolo schermo.
E negli anni Sessanta, quando la Rai aveva la bella abitudine di trasmettere cicli di film di attori importanti (De Sica, Gino Cervi, Monica Vitti, Anna Magnani, Vittorio Gassman...), ho trascorso ore piacevoli davanti la tv. Adoravo i film, adoravo Don Camillo, Peppone e le loro litigate

Dalla fantasia alla realtà. I battibecchi del vivace parroco e del sindaco comunista  riecheggiarono a Benevento nell’estate del 1957. Ma non era l'ambientazione di uno dei film della saga. I protagonisti avevano altri nomi. Tutto nacque dall’inaugurazione del teatro romano di Benevento, appena restaurato, dopo secoli di abbandono. L’Istituto Nazionale del Dramma Antico, chiamato a realizzare un programma di spettacoli, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio, per festeggiare l’avvenuta riapertura al pubblico, propose due opere: la commedia di Aristofane “Le donne in Parlamento” con un cast importante (fra gli altri Olga Villi, Mario Carotenuto e Tino Buazzelli), per la regia di Luigi Squarzina e “I Menecmi” di Plauto. La stampa diede subito notizia dell'evento, ma appena ebbe letto la notizia il vescovo, monsignor Agostino Mancinelli ebbe un sobbalzo. Prese carta e penna e cominciò a vergare, di suo pugno, una lettera di fuoco per constare la messa in scena dell’opera di Aristofane, a suo dire così incline a descrivere idee di sinistra e comportamenti sregolati. 
   Ma davvero la commedia era così scandalosa? Rappresentata per la prima volta ad Atene nel 391 a.C. la storia giocava sul paradosso, presentando un gruppo di donne travestite da uomo che andavano in Parlamento per votare e "pilotare" il voto maschile. 
Una vecchia cartolina raffigurante
il teatro romano di Benevento

Ne derivava un racconto dello sconvolgimento del costume sociale. Aristofane, tuttavia, aveva trattato il tema con molta ironia. Aspetto che il vescovo  ignorò (o volle ignorare) e vietò severamente ai cattolici di partecipare alla rappresentazione.
La lettera di mons. Mancinelli fu letta nelle chiese e la vicenda rimbalzò di giornale in giornale, scatenando un dibattito fra gli intellettuali e un po' di trambusto fra i politici. Ci fu perfino l’intervento dell’Osservatore Romano, organo di stampa del Papa, a difesa del vescovo di Benevento. Una grande pubblicità per l’Istituto Nazionale del Dramma Antico, che comunque, pur con il divieto di ingresso ai minori di 16 anni, mise in scena la commedia per due sere (il 26 e 27 giugno). 
Il sindaco di Benevento, nonostante le proteste delle frange cattoliche, fu presente all’inaugurazione, il 26 giugno, insieme con altre autorità politiche, assistendo al debutto della commedia diretta da Luigi Squarzina, con le musiche di Angelo Musco jr.
Il giorno della replica, ci fu qualche tafferuglio, ma poi tutto tornò nei ranghi, e gli attori poterono uscire sul palco serenamente. L’indomani il gioco degli equivoci della commedia di Plauto placò gli animi definitivamente. Vinse l'arte.

(Stefania De Bonis)